“la fotografia mi costringeva ad un lavoro doloroso; proteso verso l’essenza della sua identità, mi dibattevo fra immagini parzialmente vere, e perciò totalmente false. …… il quasi: atroce regime dell’amore, ma anche condizione deludente del sogno ….. e davanti alla foto, come nel sogno è il medesimo sforzo, la stessa fatica di Sisifo: risalire, proteso, verso l’essenza, ridiscendere senza averla contemplata, e ricominciare da capo”
da “la camera chiara” di R. Barthes
Partendo da queste considerazioni di Barthes sulla impossibilità che la fotografia rappresenti una persona nella sua complessa interezza, nelle sue molteplici sfaccettature, nei sui diversi stati d’animo, (che condivido e faccio mie) ho cercato di rappresentare questo stato sospeso della immagine, traducendo in una immagine quello che è il pensiero. Le persone fotografate sono tutte un “Quasi”, sospese in un limbo, fuori fuoco, dove i contorni sono volutamente sfumati, sino a perdersi nel bianco della carta, dove ognuno può leggervi quella persona come meglio la conosce, o pensa di conoscerla, o può immaginare ciò che vuole, rendendo nitido nella mente ciò che non è nell’immagine, l’esatto opposto di quello che si propone di fare la fotografia.
Le immagini sono state scattate in analogico, volutamente fuori fuoco e sovraesposte per rendere ciò che circonda la persona impalpabile.
Stampate a mano dall’autore su carta baritata opaca ai Sali d’argento