Sono nato i primi anni ‘70 ma ricordo ancora bene che in 4° elementare la maestra ci portò a visitare un supermercato. Ricordo esattamente che l’oggetto dell’uscita era l’analisi delle etichette degli alimenti. Essendo obbligato ad osservare mi resi conto che era in atto un cambiamento, una trasformazione che riguardava tutto il “mondo” degli alimenti. Dall’esposizione alla varietà. Dalla quantità alla qualità e ancora dal tipo alla provenienza. Dalle modalità di acquisto alle motivazioni. Fino a quel momento ero sempre stato l’accompagnatore della nonna abituata a fare la spesa nel negozietto sotto casa che in pochi metri quadrati e su scaffali arrugginiti esponeva l’esponibile e vendeva “a sfuso”. Di lì a poco hanno aperto i primi centri commerciali con annessi i primi ipermercati. Un cambiamento epocale se non una vera e propria rivoluzione delle abitudini alimentari e di consumo. Solo ora, voltandomi indietro, ho il senso della portata di quei cambiamenti di cui avevo avuto l’intuizione. Appena l’età e la relativa disponibilità economica mi hanno trasformato in consumatore ho iniziato ad analizzare tutti gli acquisti e i prodotti acquistati. Ho raccolto e conservato quindi tutti gli scontrini fiscali, le ricevute e le fatture dal 1989 ad oggi. I dati e le analisi che ne ricavo si stratificano a più livelli. Oggi la necessità di rivalutare il ruolo del denaro e dei modelli di consumo in relazione all’impatto che hanno sulla vita delle persone e sull’ambiente dovrebbe farci valutare nuove strade. Un ritorno alle origini o forse al futuro, un ritorno al baratto.