L’incanto
L’incanto per noi è il senso, la direzione di uno sguardo ancora affascinato senza essere sedotto, uno sguardo meravigliato, positivo, proiettato in avanti, che sa vedere diversamente e altro in ciò che ha di fronte, che non si lascia trascinare indietro da eccessiva nostalgia, che d’altra parte non si blocca nell’analisi e nel rispecchiamento del presente, ma interroga in esso i segni della trasformazione e del cambiamento.
Si parla tanto di immaginario, si fantastica o si proiettano aspettative e desideri, ma si è completamente abbandonata ogni riflessione sull’immaginazione.
L’immagine fotografica è un potente mezzo per questo tipo di riflessione, perché non restituisce soltanto l’esperienza di ciò che fissa, ma anche lo sguardo che vi si è posato, il pensiero che ha voluto restituirlo o si è voluto disperdere in quel semplice residuo di realtà. Se mettiamo da parte l’aspetto documentario, oltre a quello simbolico, ogni immagine mantiene di sé ancora qualcosa d’altro, quello che potremmo definire un aspetto metaforico. Ma una metafora di che cosa? Di quello che ciascuno vuole e propone, ma innanzitutto della vita. Per questo le immagini quando ci commuovono, quando ci avvicinano a ciò che ci chiedono, è perché le stiamo guardando incantati.
Della fotografia ci interessa proprio questa sua capacità di mostrarci le cose diversamente da come siamo convinti di vederle, il loro dar corpo a sguardi che si fanno diversi o che scoprono come sono sempre stati fatti, ma senza che lo sapessero. È la presenza dello sguardo e della mente dietro gli occhi e dietro la macchina fotografica. È il “pensare per immagini”, è l’altra faccia dell’“inconscio ottico”, è la forza propositiva della sensibilità.
Quali cambiamenti vede e prefigura l’immagine? Quali metafore anticipa? Quale senso per la vita?