“… non importa quanto stretta sia la porta, quanto carica di punizioni la sentenza, io sono il padrone del mio destino, io sono il capitano della mia anima…” W.E. Henley
Seduti ad un tavolino Anthony mi racconta la sua storia suscitando in me una gran curiosità, presto però fa spazio a una commozione che mi lascia frastornata. Nei seguenti incontri, mi accorgo che le sue parole hanno risvegliato lentamente in me emozioni e sentimenti ormai distanti dalla superficialità del “mio” mondo. Il suo cammino straziante è durato qualche anno, ha attraversato confini di ogni natura umana, guardando in faccia alla morte, alla disperazione, alla fame, alla sete ma che con forza, volontà e un pizzico di fortuna gli hanno permesso di arrivare fino qua. Vive con gli occhi puntati incessantemente addosso, rendendosi conto che la società in cui vive è carica di pregiudizi e di timori nei confronti del “diverso”, si sente derubato della sua libertà, ma nonostante tutto poco alla volta si è fatto spazio ed ha ottenuto quelle soddisfazioni che gli permettono di condurre una vita degna e di aiutare la madre e i nove fratelli che sono rimasti a “Casa”. Semplicità, coraggio, umiltà e carisma accompagnati da un costante sorriso, sono le qualità che gli hanno permesso di entrare nel cuore delle persone che lo hanno conosciuto ed è per questo che dopo aver ascoltato la sua storia e visto attraverso i suoi occhi ho deciso di condividerla con voi. La storia di un uomo che, oggi, sono fiera di chiamare collega.